martedì 15 aprile 2014

Quando cala il sole (poesia della penombra)






Mezzo giro: un negroni dolciastro, una canna veloce, nessun cazzo di programma.
E’ l’ora giusta per uscire di casa. La candela sul comodino bruciacchia l’abat-jour, puzzo d’arrosto e di-vino.
Inafferrabile avanza il piacere maudit della malinconia.
Andiamo a incominciare!

Quando cala il sole
il barman avvelenatore.
Il giocatore di poker dagli occhi vitrei.
Il buttafuori sfregiato, anamnesi della violenza.
Arianna, la prostituta slava pura come una bestemmia.
Il vecchio travestito con in mano la morte e due centesimi.
La mendicante pettinata che impreca al vento spettinatore.

Primo giro: whiskie liscio con un assaggio di verità.
Nel cielo, luna dura e senza fronzoli.
Com’è bello cucirsi addosso la tempra dell’avventuriero.

Si aprano le danze! Vibrino i capezzoli!
Il cocainomane che straparla in una pozza di deliquio e delirio.
Stefano nervoso, uomo fragile che presto o tardi si farà saltare le cervella.
Vito il poliziotto, corrotto ma sincero.
Mattia, lo sciupafemmine triste perché finalmente hanno sciupato anche lui.

Secondo giro: rhum invecchiato e pera, gocce di sperma sui calzoni.
Freddo di nebbia nelle strade, caldo di fiati dentro ai bar.
La solitudine fa giravolte ellittiche prima di congelarsi dentro.

Si riparte.
Il bevitore di alibi esistenziali.
Lo scrittore di gialli, diabetico e gottoso.
Il vecchio comico che non fa più ridere, ma si lascia deridere.
Tania, l’entreneuse polacca senza un dito che vuole sposare un italiano ma non sa dove infilare l’anello.

Terzo giro: Porto Tawny nel bicchiere bollente e un trip.Assoluta è la notte d’inverno. Potrei farci l’amore. Se dio esiste abita fra le cosce di una donna, dentro agli occhi di un disperato. 

Vietato pensare, volare!


Guantino, il picchiatore pentito, metempsicosi della mutazione.
Chicco, il pattinatore tatuato che si cala i calzoni all’ingresso delle discoteche. Cerca solo un po’di tenerezza.
Ciaco, sadomasochista romantico che colleziona frustini di seta.
La bellissima Rossana, donna di cera, che ama farsi insultare per diventare miele.
Maurizio il pusher, onesto lavoratore, preciso come un bisturi, freddo come il cristallo.

Quarto giro: Vodka Red bull, mini maki, Domori.
Padre nostro che sei nei cieli prega per noi peccatori che pecchiamo sapendo di peccare.
Il gioco delle metafore si spreca.
Anche il poeta si spreca, sapendo di sprecare.

Un'altra luce al neon, un altro buco nero.
Bobby.d.j, anarchico e psicopatico, calumet della pace e un sasso in bocca.
Rico, malandrino di mezza tacca che vorrebbe avere più tacche.
L’uomo che non lasciavano mai entrare. L’escluso, senza causa, senza amore.
Susy, l’attricetta in carriera dalla fica rossa e irritata.
Rosario il tossico, occhio di pesce, labbro leporino.
Il ragazzo di vita trovato senza vita sotto a un ponte.
La cassiera del cinema porno con i capelli di plexiglass,
il seno in silicone, le unghie al poliuretano.

Quinto giro: telepatico Fellini mi suggerisce otto e mezzo bicchieri di cicuta, ma preferisco una birra: del demonio, possibilmente.
Che silenzio nelle piazze deserte! Datemi una cartuccia d’argento e solleverò il mondo.
La gioia di esistere si misura in momenti così rari
da renderli ancora più rari.
Psychedelic Furs e nervi stesi.
L’angelo custode è ubriaco, meglio metterlo a nanna.
C’è Caronte al mio fianco.

Il giornalaio delle cinque e un quarto, faccia da filosofo, pedofilo per hobby.
La ragazza scappata di casa che dorme nel bunker abbandonato vicino al corpo di un soldato tedesco.
Il profeta cieco all’angolo della strada, in bilico fra
il vecchio e il vecchissimo testamento.
Il cornetto alla crema per vomitare con dolcezza.
L’alba per non morire.
La disperazione in cima ai grattacieli.
Io, dio in fondo ai pensieri,
grasso di dolore, bulimico di morte.

Uno straccio di sole pulisce la faccia sporca della notte.
Qualche auto trascina sogni in un frastuono di nulla.
Lo zingaro fisarmonicista esce dal metrò, vagheggiando una canzone.
Rapito, scrivo il mio nome sul muro e lo chiudo in un cuore d'inchiostro.



Il porto di notte




Questo porto silente.
Queste luci inesperte.
 Le banchine deserte.
Acque nere,  reviviscenze impure.
Il porto di notte, un'allegoria sgangherata, 
fulminante entropia.
Navi come dormienti,
cormorani bui fusi nelle ali buie,
dal buio emergenti. 
Mare immobile,
vento immobile,
anima immobile.
La luna giallina e opaca,
incapace di illuminare alcunché'.
Porto morto,
fiato corto.
Il faro che batte le tolde
monotono gira, rigira, si stira.
Fottuta solitudine ineguagliata,
indecente verità' dilapidata,
nessun seguace
e i pesci non son specie loquace.
Porto melmoso,
volto omertoso che giace
 fra le cose dimenticate e i rimorsi,
fra le voci tonanti dei marinai dispersi.

lunedì 14 aprile 2014

Lo sciopero delle cose




Le cose sono entrate in sciopero.
La mia giacca di pelle si e' rifiutata
di farsi indossare e, schiva,
e' andata ad arrotolarsi in un angolo buio,
frusciando leggera come un serpente
sazio del pasto.
La tazza ha rigurgitato il caffelatte 
sul tavolo della cucina
con mille lingue beffarde,
in pieno raptus creativo. 
Che dire poi dei due rissosi mocassini
che saltellando mi hanno calpestato i piedi ripetutamente
per poi girare le suole all'insu',
neri insetti voltati di dorso.
Del cellulare neanche a parlarne,
mi ha urlato nell'orecchio bestemmie ed insulti
in tre lingue diverse.
Disperato,  ho tentato di afferrare il gran mazzo di chiavi
ma era attaccato al magnete del televisore
e formava con esso un rigido blocco
di irremovibili convinzioni antitetiche.
Allora, nudo, mi sono seduto per terra
e ho fantasticato foreste, 
animali sconosciuti,
una bellissima donna dai seni fulgenti.
E ho benedetto lo sciopero delle cose.

Mi guardi, ti guardo




Mi guardi.
Ti invito.
Mi tocchi.
Ti sfioro.
Sei spezia per la mia lingua,
sono grano per i tuoi denti.
Mi baci.
Ti mordo.
La luna sorride virtuosa.
La notte si scopre viziosa.
Nei tuoi occhi senza fine,
una fine.
Nei miei occhi privi di un prima,
il sempre. Ci amiamo,
ed ogni gesto e' un'epica,
ogni carezza il solstizio di primavera.
Mi dai il piacere che hai preso
da una corsa nel bosco.
Ti do' il dolore che ho colto
all'ombra di un camposanto.
Mi graffi.
Ti stringo.
Hai palpebre di carta sottile,
e mani da strega.
Ho braccia carnivore
e unghie  acuminate.
Davanti a me un animale ferito.
Di fronte a te un cacciatore crudele.
Sei fulgida bellezza.
Sono la nuda verita'.
Tu  urli, io grido.
L'aria e' gelida, 
bollente il mistero.
Ti sciogli.
Mi placo.
L'azzurrita' delle tue iridi
si fa verde acqua.
Il fuoco nella mia voce
si spegne.
Sei tu la luna, adesso.
Ed io la tua notte, ora. 
Le mie labbra muoiono nelle tue.
Il tuo seno cresce in me.
Non  dormi. 
Non dormo.
Restiamo abbracciati
ad osservare questa favola argentea
che vive,
che muore
in un lago salato.
Ora ci sono le stelle
nel cielo abbuiato e profondo.
La luna sorride pensosa
e la notte si scopre virtuosa.

Red moon



 
Luna rossa, cattiva, luna di sangue.
Luna arancione, pingue.                            
Luna di febbre, langue.                        
Luna che grida sulle risaie,
flessa nell'acqua fra le topaie.
Luna che parla di rabbia e silenzi
 e che racconta la storia degli empi.
Ghiaccia nei campi,
torce fra i rami,
provoca i cani.
Luna ferita,
luna spezzata,
gloria di diavoli e luce di sabbia.
Gabbia di nebbia.
Feroce occhio di mostri lontani,
antelucani.
Luna granito,
selciato scalfito.
Luna che accendi i tuoi ceri dolenti,
muovi le rocce,
scavi i tormenti.
Luna di fuoco rombante nel cielo,
donna celata dietro ad un velo.
Luna bollente che trema nei polsi,
astro cocente,
fiamma ustionante.
Luna scarlatta,
mia meretrice,
bestia infelice,
torbida e sciatta,
luna di latta.