martedì 22 aprile 2008

La mia terra al tramonto

Amo
questa terra diversa
arcuata
svogliata
riversa.
Cromatura perversa.
Mi travesto in essa
così spessa
smessa,
struccata
addobbata
di venti e maree
ninfee
di nuvole e favole
cicatrici d’acciaio
e di tegole.
Amo
questa terra frastagliata
infervorata
dalle sue tempeste oscene
dalle urla sdentate
sulle vene
del buio che si apre
come un salmo
nel dorso
della mano.
Amo
la mia terra di vetro
m’induce al vanto
nell’orgoglio
dei monti
a strapicco.
Straricco
io sono
d’anime perse
e corsari
navigatori solitari
divoratori di giunche
che hanno solcato le rotte
e le arsure.
Amo
la visione
dei crocefissi
in fondo al mare
preghiere
novene
riflessi di storie
ferite
ultranere
di streghe
e incolpevoli
demoni.
Ambisco toccare
sacerdoti scolpiti
e conventi morenti
nella pietra gremita
dai raggi
di luna
sbiadita.
Amo
questa terra
e la sua gente
torturata
forgiata
dolente
tatuata.
I suoi vicoli astrusi
nell’orda
di spacciatori
taglienti
le ignote piazzette
violate da mostri
leggende
assassinii e scoppi
fiocchi d’ardesia
che sanno di fritto
e di leghe profane.
Amo
l’erezione di Dio
nella terra
l’illusione
del sacro
nella rossa caldaia
del tramonto sul mare
raso rosa
mariposa di luce
e coltello crudele.
Amo
i colori
di questa mia terra
di zinco
d’argento violetto
violento
imperfetto
nolente
ramo di rose spente
vagina arguta
di prostituta
e quaresima.
Terra azzurra
e suburra
di gatti ciechi
di magnaccia e ruffiani
cardinali del vizio
ufficiali a servizio
di viandanti
malsani.
Peccaminosa terra
che profuma di guerra.
Terra bianca di sale
d’un feroce carnevale
orinale
e liquido mestruale.
Sopracciglio bestiale.
Verde
verde terra mia
elegìa
ritrosìa
trangugiata nei porti
da poeti
possenti
e veggenti
da intestini furenti
costellata di crimini antichi
nei cimiteri fra gli orti
divorati da nubi più basse
carcasse di nembi
appesantite e grasse.
Ulivi
rovi
trivi
uncini
moncherini di cani
fra le casse di spezie
fra gli uccelli marini
spaventati simulacri
penitenti ai lavacri
di quest’onta
che monta
nel giorno,
la notte.

Sulla tomba di mia madre

Sulla tomba di mia madre
vanno a pregare i delfini.
salgono su dal mare alla collina,
lasciano tracce dei loro sconfini
negli orti che braccano i monti.

Sulla tomba di mia madre
son cresciute le piante grasse.
Una, in particolare, avvinghia i lumini
li abbraccia con incessante affetto
forse distruttivo, sicuramente vivo.

Sulla tomba di mia madre
ci puoi trovar piccoli doni:
un presepe, un fermacapelli, i baci della luna.
Si fanno compagnia
Si raccontano storie di fortuna e allegria.

Sulla tomba di mia madre
ci vado spesso anch’io.
Gioco a scacchi con la morte,
faccio il cavaliere delle sette porte.
Piango, vinco, rido…
chino il capo e mi confido.