Il sangue di
molti uomini sgorga dalla mia bocca
fra denti
istoriati di battaglie, scoppi, bombardamenti e risa.
Il volto di
troppi uomini rivive dentro ai miei occhi
come
lanterne di pallidi bivacchi, accesi sulle montagne scure.
La voce supplice
di uomini feriti echeggia nell’aria del mio mattino
acqua marina
in cielo, puzzo di zolfo in terra.
Non conobbi
la guerra, quella di fumo e rabbia,
ma sento in
me il frastuono e l’empito della perduta Storia.
Siamo
appendici d’un’epica lontana, nostro costrutto è carne,
pulviscolo
di ossa e caldo, rosso sangue, il sangue di quegli uomini
che videro
la sorte tra schegge e lampi sordi.
Ad essi devo
il mio corpo, in essi brama la vita, l’artiglio del presente.
Per essi è
giusto ancora combattere e morire.
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